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I 50 anni della Casa dell’Adolescente di Gavinana

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I 50 anni della Casa dell’Adolescente di Gavinana

articolo del Vicepresidente Adulti Stefano Barbi

Qual’è il valore di una pietra preziosa? Provate a chiederlo ai 350 che domenica scorsa sono saliti a Gavinana per celebrare i 50 anni della Casa dell’Adolescente: “un valore incommensurabile”, non perché si tratta di un bene di famiglia, ma perché ciò che attiene alla vita e allo spirito, ciò che ha trasmesso vita e spirito, non può essere misurato. Questo è stato ed è la Casa di Gavinana, fortemente voluta da persone di Fede profonda, animate dalla forma di Carità meno praticata, quella educativa e dotate di quella Speranza che fa luce oltre domani. La GIAC della Diocesi di San Miniato degli anni ’50 ed il Canonico Ciardi avevano tutto questo nel cuore e, forse, avevano già ‘visto’ tutti questi anni e questa lunga festa del 6 settembre 2009. Luogo del cuore per tutti, la Casa è stata silenziosa custode di vocazioni sponsali e sacerdotali, civili e professionali, associative e di servizio alla Chiesa diocesana: un luogo dove lo spirito ha soffiato senz’altro, come il vento forte di domenica o come la brezza impercettibile del mattino ai Campi scuola ed ha dato frutti, ne sono certo, anche di santità. La santità che si fa casa per tutti.

 

E il saluto a caratteri cubitali che ci ha accolto dalle ringhiere della Casa, è stato proprio “Benvenuti a casa!”, ripetuto della Presidente diocesana Roberta Botti, nell’introduzione alla tavola rotonda del mattino, che ha espresso il “profondo senso di gratitudine per chi c’è stato”, gratitudine che l’Azione Cattolica della Diocesi di San Miniato e la Diocesi tutta provano nel ricordare quei giorni: “senza progetti e senza fondamenta non si tira su un casa, senza radici non si fa un Associazione” ed in quei progetti, in quelle idee c’è tutto il presente dell’A.C. e della Diocesi, che ne trae linfa attraverso di essa. Don Roberto Pacini ha poi ricordato le prime iniziative dell’A.C. nella Casa e “i tempi pionieristici con il senso dell’avventura, che andrebbero recuperati per ringiovanire lo spirito di chi accusa la stanchezza quotidiana”; avendo maturato la propria vocazione sacerdotale in A.C., grazie anche alle esperienze di Gavinana, ha voluto far notare che la casa ‘dice qualcosa’, anzi ‘palpita’ anche nei tempi morti dell’anno, quando è chiusa. Sono poi intervenuti Nadia Giusto e Francesco Sartini, anni fa entrambi impegnati in A.C., conosciutisi a Gavinana e poi sposi; Nadia ha ricordato di aver ricevuto un contributo umano: “qui c’è del bene e si sente!”, un contributo etico da persone socialmente impegnate e solide spiritualmente, un contributo educativo da chi ha continuato a pensare ed organizzare l’approfondimento e l’incontro, il confronto e l’ascolto, la formazione; grato alla Casa, quanto all’AC, Francesco ha fatto notare che “una prima pietra è sempre il segno di un progetto che si fa realtà concreta, è l’adesione ad un percorso e ad una scelta”; così come il senso della Provvidenza che si prova quando qualcuno ti trascina e poi scopri molto di più quel che ti aspettavi: “partendo con l’idea di una vacanza, a Gavinana trovavi sempre di più, coniugando il naturalmente umano ed il misteriosamente divino”. E’ poi intervenuto Tommaso Botti, seminarista, la più recente vocazione sacerdotale maturata nella nostra Diocesi dall’esperienza dell’A.C. e dei Campi scuola di Gavinana dove, ha detto, “si fa vera e propria scuola di vita, si scopre il valore degli altri e del nome di ciascuno, percorso da continuare nella quotidianità perché nessuno, nemmeno in Parrocchia, sia mai più un estraneo”. E’ stata poi la volta di Andrea Pieroni, Presidente della Provincia di Pisa, presente non solo come autorità civile, ma anche lui maturato alla vocazione all’impegno politico nell’A.C. e nei “Campi impegnati” a cavallo tra gli anni ’70 e ’80; ha citato alcune figure di Sacerdoti capaci di stimolare i giovani alla laicità ed all’impegno sociale e civile in quegli anni, ricordando che era stata proprio una scelta dell’Associazione e di quei sacerdoti il voler investire nella formazione dei giovani a quell’impegno. Enrico Lucchesi, amministratore della Cooperativa che gestisce la Casa, ha ricordato la fondazione della Cooperativa 30 anni orsono proprio per questo servizio, descrivendo gli investimenti e le realizzazioni concrete che negli anni sono state portate a termine per il completamento dell’edificio prima e poi per le migliorie; ha ricordato il suo predecessore che, con i soli proventi dei Campi, riuscì a continuare l’opera spesso affidandosi alla sola Provvidenza, essendone poi ricambiato; ha infine descritto le possibile future migliorie della Casa, indicando le relative necessità economiche. A completamento della tavola rotonda sono poi intervenuti il Prof. Francesco Faraoni, uno di quei giovani della GIAC che aveva contribuito alla posa della prima pietra, che ci ha ricordato di come la Casa fosse stata pensata come un mezzo e non come un fine, come un luogo per la formazione dei giovani ed al servizio dei giovani; don Alvaro Gori, per molti anni Assistente diocesano dell’Azione Cattolica, che ha raccontato gli anni difficili dopo il nuovo Statuto del ‘69, di come era stato necessario ricomporre il tessuto associativo a seguito di uno sbandamento generale e di come Gavinana era stato un luogo prezioso proprio per questa ritessitura e per la formazione dei nuovi responsabili associativi; don Gori non ha negato che la vita della Casa ha avuto delle difficoltà, ma ha ricordato che può esser facile gettare al vento la capacità formativa, gli strumenti, le occasioni di confronto più ampio che fornisce l’A.C. quando si cede alla tentazione dell’autosufficienza e si inseguono opere personali, fin’anche a buttar via la stessa essenza della Casa ed ha concluso con un’esortazione a dare forza al presente ed al servizio dell’Associazione per il bene della Diocesi; infine Giancanio Elefante ha ricordato i suoi primi passi di giovane lucano emigrato a San Miniato, accolto e custodito dal Canonico Ciardi, che è stato poi suo punto di riferimento spirituale negli anni successivi.

La giornata è stata tutta costellata di incontri, di testimonianze reciproche, di abbracci non di circostanza, di vero calore tra generazioni, quel ‘palpitare’ della Casa che è passato fra tutti senza quasi farsi notare e che ha avuto un suo momento importante nel pranzo, ma poi ancora nei commenti alla mostra fotografica e durante la proiezione di un DVD sulla storia dalla Casa e dell’Associazione diocesana. Quindi la Mensa Eucaristica ci ha trovati ancora più raccolti davanti alla Casa, assieme anche ai tanti sacerdoti che sono arrivati per testimoniare la loro vicinanza e concelebrare, nell’ascolto della Parola e nell’omelia del nostro Vescovo, che ha intrecciato il grazie suo personale e di tutti al legame provvidenziale tra le Letture e la Casa che stavamo festeggiando: l’esortazione di Isaia del “coraggio non temete!” che sembrava riecheggiare nelle scelte dei fondatori degli anni ’50 e che deve accompagnare la vita presente e futura della Casa; il monito severo di San Giacomo a non fare discriminazioni, scelta sempre vissuta a Gavinana, per censo e cultura, per salute e capacità e che deve continuare ad ispirarne il futuro; e poi l’Effatà dell’Evangelista, quasi un richiamo all’aprirsi ed all’aprire a Cristo attraverso il servizio educativo svolto in questo luogo. Mons. Tardelli ha poi ringraziato e ricordato l’Azione Cattolica tutta perché della Casa non si è fatta solo custode, ma anche vivificatrice nel servizio educativo, rendendo pieno merito a chi dall’interno dell’Associazione aveva pensato un edificio al servizio dei giovani; ha concluso ricordando che fatica e mancanza di riconoscimento fra gli uomini sono tipici nel servizio, specie in quello educativo, ma che non mancherà di trovare riconoscimento là dove davvero conta.

Prima del lunghissimo saluto di chi non si vuol staccare, alla fine della S. Messa la Presidente diocesana ha completato i ringraziamenti con il dono di una targa ricordo a tutti coloro che hanno dato un contributo a Gavinana: ai parenti di Mons. Ciardi e di Dario Guidi, con lui protagonista della posa della prima pietra. di Curzio Gronchi, primo amministratore della Cooperativa e di Pietro Pappalardo, primo Presidente diocesano unitario nel ’69; e poi ai Presidenti diocesani che gli sono succeduti, agli Assistenti diocesani e a tutti i Sacerdoti che, anche se non assistenti di A.C., hanno comunque dato il loro contributo negli anni durante i Campi scuola. La premiazione è stata davvero lunga, tale la Grazia che ha accompagnato la Casa in 50 anni, tale la cifra del servizio che una struttura, pensata con gli occhi della Speranza ed affidata a Maria, ha potuto dare: ben oltre le esigenze particolari, ben oltre il servizio per alcuni eletti, ben oltre la stessa Azione Cattolica che l’ha voluta, sostenuta ed alimentata, là dove solo lo Spirito può pensare di condurla negli anni a venire. - Stefano Barbi -

 

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